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Con la Sentenza in commento (la n. 11421 del 30 aprile 2021) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fornito alcuni chiarimenti in merito ai criteri di liquidazione della polizza vita in caso di successione.

In particolare, i quesiti sottoposti al vaglio delle Sezioni Unite possono essere schematizzati come segue:

  1. se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo la formula contrattuale, genericamente riferita ai “legittimi eredi”,  sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi come  riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell’eredità;
  2. se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione della polizza, con l’individuazione astratta dei legittimi eredi.
  3. se, in tale seconda ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti ex lege o se la natura di “diritto proprio” sancita dalla norma (cfr. art. 1920 u. co c.c.) imponga una divisione dell’indennizzo complessivo fra gli aventi diritto in parti uguali.

Al fine di rispondere unitariamente ai primi due quesiti, le Sezioni Unite riaffermano l’interpretazione già seguita al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità.

In particolare, per la Corte, essendo la designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle previste dal secondo comma dell’art. 1920 c.c., atto inter vivos con effetti post mortem, da cui discende l’effetto dell’immediato acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione, la generica individuazione quali beneficiari degli «eredi legittimi e/o testamentari» ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall’accettazione della vocazione.

Al riguardo la Corte rammenta che qui il termine «eredi» viene attribuito dalla designazione allo scopo precipuo di fornire all’assicuratore un criterio univoco di individuazione del creditore della prestazione, e perciò prescinde dall’effettiva vocazione. L’eventuale istituzione di erede per testamento compiuta dal contraente assicurato dopo aver designato i propri «eredi legittimi» quali beneficiari della polizza non rileva, pertanto, né come nuova designazione per attribuzione della somma assicurata, né come revoca del beneficio, agli effetti dell’art. 1921 c.c., ove non risulti una inequivoca volontà in tal senso, operando su piani diversi l’intenzione di disporre mortis causa delle proprie sostanze e l’assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa.

Venendo alla terza questione, la natura inter vivos del credito attribuito per contratto agli «eredi» designati quali beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione esclude l’operatività riguardo ad esso delle regole sulla comunione ereditaria, valevoli per i crediti del de cuius, come anche l’automatica ripartizione dell’indennizzo tra i coeredi in ragione delle rispettive quote di spettanza dei beni caduti in successione.

La qualifica di «eredi» rivestita al momento della morte dello stipulante sopperisce, invero, con valenza meramente soggettiva, alla generica determinazione del beneficiario, in base al disposto del secondo comma dell’art. 1920 c.c., che funziona soltanto al fine di indicare all’assicuratore chi siano i creditori della prestazione, ma non implica presuntivamente, in caso di pluralità di designati, l’applicazione tra i concreditori delle regole di ripartizione dei crediti ereditari.

Al contrario, il silenzio serbato dal contraente sulla suddivisione del capitale assicurato tra gli eredi potrebbe spiegarsi come indizio della sua volontà di utilizzare l’assicurazione sulla vita per il caso morte con finalità indennitaria, o come alternativa al testamento comunque sottratta al divieto ex art. 458 c.c., in maniera da beneficiare tutti indistintamente senza soggiacere alle proporzioni della successione ereditaria.

Rimane ovviamente ferma la libertà del contraente, nel designare gli eredi quali beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione, di indicare gli stessi nominativamente o di stabilire in quali misure o proporzioni debba suddividersi tra loro l’indennizzo, o comunque di derogare all’art. 1920 c.c. (arg. dall’art. 1932 c.c.).

In forza della designazione degli «eredi» quali beneficiari dell’assicurazione sulla vita a favore di terzo, la prestazione assicurativa vede quali destinatari una pluralità di soggetti in forza di una eadem causa obligandi, costituita dal contratto. Rispetto alla prestazione divisibile costituita dall’indennizzo assicurativo, come in ogni figura di obbligazione soggettivamente complessa  ove non risulti diversamente dal contratto, a ciascuno dei beneficiari spetta una quota uguale, il cui pagamento ciascuno potrà esigere dall’assicuratore nella rispettiva misura.

I PRINCIPI DI DIRITTO

A seguito del ragionamento di cui sopra le Sezioni Unite hanno pertanto enunciato i seguenti principi di diritto:

La designazione generica degli «eredi» come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dal secondo comma dell’art. 1920 c.c., comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione. La designazione generica degli «eredi» come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non omporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo. Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo