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Con l’Ordinanza n. 6191 pubblicata in data 5 marzo 2021 i Giudici di Legittimità hanno fornito  alcuni chiarimenti in materia di regolarità urbanistica dell’immobile promesso in vendita.

ORIENTAMENTO MAGGIORITARIO

La sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della Legge n. 47 del 1985 per i negozi relativi a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, non soltanto in ragione del tenore letterale della norma, ma anche perché la dichiarazione di cui all’art. 40, comma 2, della medesima legge, in caso di immobili edificati anteriormente al 1° settembre 1967, o il rilascio della concessione in sanatoria possono intervenire successivamente al contratto preliminare. Ne consegue che, in queste ipotesi, rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 c.c. (cfr. Sez. II, Ord. n. 6685 del 2019).

ORIENTAMENTO MINORITARIO

L’orientamento alla base dell’estensione della nullità (ex artt. 17 e 40 legge 47/1985) ai contratti preliminari – espresso nelle sentenze n.23591/13 e 28194/13 della Corte di Cassazione – non ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza di legittimità (salvo che nella sentenza n.18621/2015) mentre l’esclusione dei contratti obbligatori dall’ambito di operatività della nullità ex art. 40 1.47/85, costantemente affermata nella giurisprudenza di legittimità anteriore alle citate sentenze n.23591/13 e 28194/13 è stata ribadita nelle pronunce n.ri 28456/2013, 9318/16, 21942/2017 e 11659/18 oltre che in quella sopra citata.

LE SEZIONI UNITE

Sul punto, è opportuno ribadire anche il recente approdo delle sezioni Unite che hanno affermato la natura di nullità solo formale della previsione di cui all’art. 40 della Legge  n. 47 del 1985.

In occasione della citata pronuncia, infatti, si è affermato il seguente principio di diritto “La nullità comminata dall’art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della I. n. 47 del 1985 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’art. 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile. Il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato” (cfr. Sez. U. Sent. n. 8230 del 2019).