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PER LA CASSAZIONE BISOGNA SEMPRE EFFETTUARE UN BILANCIAMENTO DEGLI INTERESSI

Con la recente sentenza n. 3952 dell’8.02.2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito all’esercizio del diritto all’oblio afferente alla rimozione di diversi URL dai risultati delle ricerche effettuate su internet, messi a disposizione da un noto motore di ricerca irlandese (c.d. deindicizzazione). In particolare, detti URL collegavano il nome del ricorrente ad una vicenda giudiziaria della quale era stato, tempo addietro, protagonista.

LA DEINDICIZZAZIONE E LE COPIE CACHE

Con il termine “deindicizzazione” (o anche “de-listing”) si fa riferimento all’attività di escludere il nome di un soggetto dai risultati di un motore di ricerca, ove quest’ultimo venga interrogato. In particolare, mediante la deindicizzazione si rimuove una particolare modalità di ricerca del dato, pur rimanendo questo presente in rete e raggiungibile attraverso ricerche più complesse.

Parallelamente, la “copia cache” è una esatta copia di un sito web che viene scaricata, salvata e, infine, ripubblicata in un altro dominio.

L’attività del motore di ricerca consiste proprio nel trovare le informazioni pubblicate su internet da terzi e metterle a disposizione degli utenti di internet secondo un determinato ordine di preferenza.

Tale attività, secondo la Corte di Cassazione, deve qualificarsi quale trattamento di dati personali se le informazioni contengono dati personali, mentre il gestore del motore di ricerca deve considerarsi soggetto responsabile del citato trattamento. 

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, nel ricondurre la deindicizzazione al diritto alla cancellazione dei dati, hanno evidenziato che quest’ultimo rappresenti soltanto una delle declinazioni del diritto all’oblio, che può consistere:

  1. nel non veder pubblicate nuovamente notizie relative a vicende diffuse in passato quando sia decorso un notevole lasso di tempo;
  2. nell’esigenza di collocare la pubblicazione avvenuta legittimamente tempo prima nel contesto attuale (cfr. Cass. S.U. 19681/2019).

Alla luce di tali osservazioni, è agevole comprendere come la deindicizzazione si sia affermata quale rimedio finalizzato ad evitare che una persona sia individuata sul web con estrema facilità.

LA RECENTE PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha osservato:

  • da un lato, che l’attività del motore di ricerca incide sui diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali;
  • dall’altro lato, che sussiste comunque un interesse contrapposto, anch’esso meritevole di tutela, degli utenti di internet potenzialmente interessati ad avere accesso all’informazione oggetto di trattamento, interesse che verrebbe leso dalla soppressione del link dall’elenco dei risultati della ricerca effettuata su internet.

Pertanto, stante la coesistenza di interessi contrapposti ed entrambi legittimi, la Suprema Corte, conformemente all’orientamento consolidato della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha affermato come sia necessaria la ricerca di un equilibrio tra gli interessi e i diritti fondamentali in gioco, fermo restando in ogni caso l’obbligo del motore di ricerca di verificare se l’inserimento del link tra gli esiti di una ricerca effettuata a partire dal nome della persona interessata, sia necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di informazione.

In particolare, la Corte ha ritenuto, conformemente all’acclarata giurisprudenza della Corte di Giustizia sul punto, che debba assicurarsi l’equilibrio tra il rispetto della vita privata e la libertà di espressione, ribadendo che debbano osservarsi precisi criteri per la ponderazione degli interessi in gioco, quali il contributo della notizia ad un dibattito di interesse generale, il grado di notorietà del soggetto, l’oggetto della notizia, il comportamento precedentemente tenuto dall’interessato, le modalità con cui si ottiene l’informazione, la sua veridicità, il contenuto e la forma, nonchè le conseguenze della pubblicazione.

Soltanto attraverso tale valutazione, la Corte ha ritenuto che

il bilanciamento tra il diritto della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale possa essere soddisfatto assicurando la permanenza dell’articolo di stampa relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria nell’archivio informatico del quotidiano, a condizione, però, che l’articolo sia deindicizzizato dai siti generalisti”.

Di conseguenza, il diritto dell’interessato di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali non opera nella misura in cui il trattamento sia necessario per garantire l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione. Parimenti, a fronte della richiesta di cancellazione delle copie cache, rimane centrale l’esigenza di ponderare gli interessi contrapposti. 

Avv. Sergio Patrone

Abogado Alessio Mantegazza

Dott.ssa Francesca Cozzi