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Con la recente ordinanza del 23.04.2020 (scaricabile liberamente cliccando sul link sottostante e disponibile su www.iurishub.it), il Tribunale di Grosseto ha riconosciuto il diritto allo smart working in favore di un dipendente addetto a mansioni di assistenza legale e contenzioso , portatore di una patologia dalla quale era derivato il riconoscimento di un’invalidità civile con riduzione della sua capacità lavorativa.

 Il dipendente aveva adito, con ricorso d’urgenza, il giudice del lavoro dopo che il datore di lavoro aveva rifiutato la sua richiesta di essere collocato in smart working e proposto al lavoratore di usufruire delle ferie. Ciò nonostante tutti i colleghi di reparto del dipendente fossero già stati collocati in smart working.

Il Tribunale di Grosseto ha accolto il ricorso del dipendente, affermando che, nell’attuale contesto emergenziale, il lavoro agile è una priorità e, dunque,  laddove il datore di lavoro privato sia nelle condizioni di applicare il lavoro agile, il ricorso alle ferie non può essere indiscriminato, ingiustificato o penalizzante, soprattutto laddove vi siano titoli di priorità per ragioni di salute.

A sostegno della decisione in esame, il giudice, nel richiamare i provvedimenti emergenziali emanati al fine di contenere la diffusione del Covid-19, pone l’attenzione, in modo particolare, sulla previsione di cui all’art. 39 del D.L. 18/2020, concernente il diritto allo smart working in favore dei lavoratori disabili ovvero di coloro che abbiano nel proprio nucleo familiare familiari affetti da disabilità.

Nell’ordinanza in commento si legge che, se da un lato, la modalità di lavoro agile non può, né poteva, essere imposta in via generale ed indiscriminata, dall’altro lato, la stessa è stata, reiteratamente e fortemente, raccomandata ed addirittura considerata modalità ordinaria di svolgimento della prestazione nella P.A. (cfr. art. 87 D.L. 18/2020). Ciò in modo particolare per i lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa, ai quali è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.

Ciò non vuol dire che, per il lavoro privato, vi sia stata una generalizzata previsione normativa cogente, ma semplicemente che “accertata la sussistenza delle condizioni per ricorrere al lavoro agile, il datore di lavoro non può agire in maniera irragionevolmente o immotivatamente discriminatoria nei confronti di questo o quel lavoratore, tantomeno laddove vi siano titoli di priorità legati a motivi di salute”.

Pertanto, ad avviso del Giudice, la promozione delle ferie appare una misura subordinata e non certo primaria laddove vi siano concrete possibilità di ricorrere al lavoro agile.

Il datore di lavoro, nel caso di specie, non aveva dato prova dell’impossibilità di adibire il lavoratore in smart working e, inoltre, aveva discriminato il dipendente in quanto aveva già consentito ad altri suoi colleghi di svolgere la prestazione lavorativa presso il proprio domicilio.

Il Tribunale ha, quindi, ritenuto illegittimo il rifiuto di ammettere il dipendente al lavoro agile, così come la prospettazione del godimento forzato di ferie (peraltro non ancora maturate) in luogo del lavoro agile.

Si tratta di una delle prime pronunce giurisprudenziali, certamente di grande interesse, tenuto conto che il ricorso al lavoro agile è destinato a procrastinarsi, almeno fino a quando permarrà l’emergenza Covid-19 e, si spera, anche oltre.

Ovviamente attendiamo ulteriori pronunce della giurisprudenza in materia.

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