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Con l’ordinanza n. 523/2019, depositata in data 11.01.2019, la Corte di Cassazione torna nuovamente ad occuparsi del termine di impugnazione del licenziamento intimato al lavoratore in forma orale.

Come noto, ai sensi dell’art. 6 della Legge 604/1966, il licenziamento deve essere impugnato dal lavoratore, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.

Ed invero, l’atto del licenziamento costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio, vincolato al requisito della forma scritta, che deve contenere la volontà chiara e definitiva del datore di lavoro di recedere dal rapporto lavorativo.

Nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, il licenziamento era stato intimato dal datore di lavoro in forma orale e, dunque, senza l’osservanza del requisito della forma scritta.

La Suprema Corte, richiamando un indirizzo giurisprudenziale consolidato in materia, ha accolto il ricorso del lavoratore ritenendo che il termine di sessanta giorni previsto a pena di decadenza dalla Legge 604/1966 per l’impugnazione stragiudiziale si applica soltanto all’impugnazione del licenziamento per ragioni riconducibili nell’ambito della disciplina dettata dalla citata legge, fatta eccezione per le ipotesi di licenziamento non comunicato per iscritto o di cui non siano stati comunicati, parimenti per iscritto, i motivi, sebbene richiesti.

Pertanto, in caso di mancata osservanza della forma scritta, il licenziamento è inefficace e, dunque, “tamquam non esset”, in quanto nullo per difetto di un requisito richiesto dalla legge “ad substantiam”, con la conseguenza che il lavoratore che intenda agire nei confronti del datore di lavoro deve rispettare esclusivamente il termine prescrizionale, non potendo decorrere invece il termine di sessanta giorni per l’impugnazione stragiudiziale in assenza dell’atto scritto da cui la legge fa decorrere il predetto termine