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Il provvedimento in commento (Ordinanza n. 1216 del 21 gennaio 2021) fornisce alcune delucidazioni in merito agli effetti del fenomeno successorio in materia societaria.

INQUADRAMENTO NORMATIVO

Ai sensi dell’art. 2284 c.c., a seguito della morte del socio, e quindi dello scioglimento del rapporto sociale che faceva capo al defunto, i soci superstiti devono procedere alla liquidazione della quota agli eredi. In alternativa, i predetti soci, qualora lo preferiscano, possono decidere di sciogliere direttamente la società, in tal caso le spettanze agli eredi saranno regolate nell’ambito della generale procedura di liquidazione dell’intera società.

Infine, i soci superstiti possono continuare la società con gli eredi del socio defunto, sempre che questi vi consentano, mediante la stipula di un accordo di continuazione.

LA POSIZIONE DEI SOCI-EREDI

Ai sensi dell’art. 2284 c.c. gli eredi del socio, fin dal momento dell’apertura della successione, assumono  esclusivamente la posizione di creditori e tale posizione rimane per essi immutata anche nell’ipotesi in cui i soci superstiti decidessero, di stipulare un accordo di continuazione cori gli eredi; ciò in quanto il contratto sociale stipulato cori il socio de cuius è intuitus personae.

Nelle società di persone il contratto sociale è infatti caratterizzato dalla considerazione personale e soggettiva del singolo contraente; pertanto, la morte del socio non determina, la trasmissione della sua quota agli eredi, ma la trasformazione ope legis della quota nel corrispondente importo pecuniario di cui diventano creditori gli eredi e debitrice la società.

DIRITTO ALLA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA

I soci superstiti hanno il dovere di liquidare la quota del de cuius con la relativa assunzione da parte degli eredi del socio defunto della qualità di creditori dell’indicato valore (art. 2284 c.c.). Ai sensi dell’art. 2289 c.c., nel termine di sei mesi dalla morte del dante causa gli eredi dovranno vedersi attribuita calla società una somma di danaro che rappresenti il valore della quota di partecipazione che faceva capo al de cuius e che dovrà essere calcolata sulla base della situazione patrimoniale della società, quale risultante al momento in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto sociale, dovendosi, comunque tenere conto degli utili e delle perdite relativi alle operazioni in corso. In tal senso la giurisprudenza di Legittimità ha chiarito che l’operazione di liquidazione della quota, già di pertinenza del socio defunto, secondo i criteri fissati dall’art. 2289 c.c., è solo un procedimento contabile conseguente al già verificatosi scioglimento della società relativamente al predetto socio defunto. Queste stesse considerazioni valgono ad escludere che, in tale ipotesi, si verifichi un fenomeno di divisione, sia pure parziale, del patrimonio della società, in quanto il diritto dell’erede ha per oggetto fin dal primo momento un importo pecuniario, corrispondente al valore della quota, mentre il patrimonio sociale rimane immutato, sorgendo a carico della società solo l’obbligo di corrispondere il valore della quota”. (cfr. Cass. n. 5809 del 2001)

GLI EREDI HANNO DIRITTO A CONTINUARE LA SOCIETÀ ?

Occorre stabilire se gli eredi, una volta aderito alla proposta di continuazione (e conclusosi, così, il negozio inter vivos con i soci superstiti) possano in qualche maniera sostituirsi al loro originario dante causa, nella identica posizione che faceva capo al medesimo nel momento della sua morte e, quindi, in definitiva, subentrare nella stessa quota di partecipazione, senza che vi sia alcuna frattura temporale tra il momento della morte (ovverosia della apertura della successione) e quello (successivo) della manifestazione del consenso alla continuazione della società da parte degli stessi.

La risposta è negativa.

Come disposto dall’art. 2284 c.c. quando muore uno dei soci: “gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi voi acconsentano“.

L’accettazione dell’eredità del de cuius comporta, quindi, solo il diritto alla liquidazione della proporzionale quota del capitale sociale spettante e non dà diritto a subentrare nella società al posto del defunto, in quanto i rapporto sociale non si trasmette mortis causa (cfr. Cass. n. 3671 del 2001).

Sul presupposto che la quota di partecipazione sociale non sia suscettibile di un trasferimento per causa di morte, ne consegue che nel patrimonio ereditario del socio defunto non potrà, in nessun caso, esistere, con riferimento alla partecipazione di cui lo stesso in vita risultava titolare, una entità nei confronti della quale possa verificarsi quel meccanismo di sostituzione di un soggetto ad un altro, nella  medesima posizione, e del quale, pertanto, si va a prendere il posto.

Ciò in ragione della intrasmissibilità iure successionis della partecipazione del socio a responsabilità illimitata, sicchè in caso di accordo di continuazione della società tra i soci superstiti e gli eredi del socio defunto non potrà darsi luogo ad una successione, in senso tecnico, dei suoi eredi nella partecipazione di cui lo stesso era titolare. Il vincolo sociale che faceva capo al socio defunto dovrà ritenersi, anche in questo caso, immediatamente e definitivamente estinto al momento della sua morte, sicché l’accettazione dell’eredità da parte degli eredi del socio defunto non potrà comportare per gli stessi l’acquisto della qualità di soci, cosa che sarà invece riconducibile esclusivamente al perfezionamento dell’accordo di continuazione. 

Secondo l’indirizzo della dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, apertasi la successione del socio e definito il suo oggetto per quanto riguarda il rapporto societario, è solo il valore economico della sua partecipazione che viene trasmesso agli eredi mediante l’accettazione dell’eredità.

Nel patrimonio ereditario entra a far parte esclusivamente il valore della partecipazione sociale del de cuius, che poi attraverso l’attività di liquidazione si concretizzerà in un eventuale credito. La fattispecie così definita impedisce agli eredi del socio di assumere, in ogni caso la qualità di soci della società di cui faceva parte il loro dante causa, e di subentrare, comunque, nella sua quota di partecipazione.

Né a seguito dell’accordo di continuazione è consentito riaprire la vicenda successoria, ormai definita in ogni suo elemento, facendo così rivivere ex post un rapporto sociale che si deve ritenere immediatamente e definitivamente estinto con la morte del socio.

In caso di accordo di continuazione, si verifica solo una modificazione soggettiva del contratto sociale che non presenta nulla di diverso da ogni altra ipotesi di adesione di nuove parti al contratto di società, la cui efficacia decorre dal momento in cui l’accordo viene stipulato sicchè la morte del socio anche in ipotesi di continuazione, non determina il trapasso mortis causa della partecipazione agli eredi.

In sostanza: “l’erede del socio defunto diventa socio non iure successionis, ma ad opera di un accordo che è atto inter vivos” (cfr. Cass. n. 6849 del 1986).