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Con la Sentenza n. 19810 del 23 luglio 2019 la Suprema Corte torna a pronunciarsi sul tema dell’estimo catastale ribadendo che qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 (nell’ambito cioè di una revisione parziale dei parametri della microzona nella quale l’immobile è situato e giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali), non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (i.e. contesto urbano, caratteristiche edilizie del fabbricato, ecc.) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento.

L’obbligo motivazionale incombente sulla P.A. deve infatti essere assolto  in maniera rigorosa sicché  il contribuente sia posto in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento, avente carattere “diffuso” (in tal senso anche Cass. n. 3156 del 2015; n. 22900 del 2017; n. 16378, n. 23129, n. 28035 e n. 28076 del 2018; n. 9770 del 2019).

Per la Suprema Corte, in sostanza, il nuovo classamento soddisfa l’obbligo di motivazione qualora, oltre a contenere il riferimento ai parametri di legge generali, consente al contribuente di evincere gli elementi, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, ponendolo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, seppure inserito in un’operazione di riclassificazione a carattere diffuso.