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Molto spesso si assiste ad incidenti stradali dagli esiti tragici che coinvolgono pedoni i quali subiscono gravi lesioni in conseguenza dell’impatto con mezzi di trasporto maldestramente condotti.

Tuttavia, la qualità di pedone non riconosce automaticamente il diritto ad essere risarciti in conseguenza di un sinistro, ma richiede sempre l’accertamento in concreto delle circostanze di verificazione dell’evento onde appurare eventuali responsabilità concorrenti.

Se è vero che si presume responsabile del sinistro il conducente del veicolo investitore, parimenti bisogna che il pedone rispetti gli obblighi comportamentali in capo ad esso incombenti. Diversamente, potrebbe ottenere una riduzione del risarcimento del danno proporzionalmente alla rilevanza che ha avuto il suo comportamento nel verificarsi dell’impatto.

E’ quanto sottolinea la Corte di Cassazione con la recentissima sentenza del 21 febbraio n. 23251/2019, mediante la quale ribadisce che il pedone coinvolto in un sinistro stradale, rischia di essere ritenuto parzialmente responsabile del sinistro se attraversa fuori dalle strisce pedonali e in maniera imprudente.

Nello specifico un pedone, deceduto a seguito del proprio investimento, veniva ritenuto parzialmente responsabile della verificazione dell’evento in misura di 1/5 dalla Corte di Appello di Milano poiché, come da risultanze processuali, aveva attraversato ad oltre 6 metri di distanza dalle strisce pedonali, omettendo di prestare la dovuta attenzione allo stato del traffico veicolare.

Rilevando dunque che il anche il comportamento dei pedoni debba considerarsi soggetto alle comuni regole di diligenza e prudenza nonché alla disposizione dell’art. 190 cod. strada, dettata proprio allo scopo di evitare che i pedoni determino intralcio e/o situazioni di pericolo per la circolazione stradale, tali da mettere a repentaglio l’incolumità propria o degli altri utenti della strada, il Giudice di merito applicava la summenzionata concorsualità nella causazione del sinistro.

Sentenza poi confermata dalla Suprema Corte poiché ritenuta immune da censure e sostenuta da logica motivazione.