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Il caso Foodora, approdato in appello a seguito della pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Torino, è stato deciso dalla Corte d’Appello di Torino con la sentenza n. 26/19, depositata il 4 febbraio 2019.

Come noto, la fattispecie sottoposta al vaglio della Corte territoriale concerne, ancora una volta, la domanda avente ad oggetto il riconoscimento, in favore dei riders, dello status di lavoratori subordinati e, conseguentemente, il loro diritto al risarcimento dei danni, rivendicati a vario titolo.

Invero, il Tribunale di Torino aveva escluso, da un lato, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato dei riders e, dall’altro, negato l’applicazione, al caso di specie, dell’art.. 2 del D.lgs. n. 81/2015 e, dunque, delle tutele previste per i lavoratori subordinati.

Con la sentenza di secondo grado i Giudici di appello, riformando la sentenza di primo grado, hanno parzialmente accolto l’appello proposto dai riders nei termini che seguono.

In primo luogo, la Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino nella parte in cui è stata esclusa un rapporto di lavoro subordinato per i riders tenuto conto delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Costoro, infatti: i) erano liberi di dare, o meno, la loro disponibilità per i vari turni offerti dall’azienda; ii) decidevano liberamente se e quando lavorare senza dover giustificare la loro decisione e senza dover cercare un sostituto; iii) potevano non prestare servizio nei turni per i quali la loro disponibilità era stata accettata, revocando la stessa. Manca, dunque, nel caso di specie, il requisito dell’obbligatorietà della prestazione lavorativa.

In assenza, dunque, del carattere subordinato del rapporto di lavoro, i Giudici di secondo grado hanno rigettato le domande relative all’illegittimità dei licenziamenti, anche in considerazione della natura a termine dei contratti. Ed infatti, poiché i rapporti (co.co.co a tempo determinato) non si trasformano in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato ma mantengono la loro natura di rapporti di lavoro autonomo a termine, non vi è stata un’interruzione ante tempus da parte della società.

La Corte territoriale, tuttavia, diversamente da quanto sostenuto in primo grado dal Tribunale, ha accolto la domanda dei riders avente ad oggetto il riconoscimento in loro favore delle tutele previste per i rapporti di lavoro subordinato ai sensi e per gli effetti dell’art. 2 D.Lgs. 81/2015.

A tale conclusione i Giudici di secondo grado sono giunti dopo aver preventivamente delineato i confini tra la subordinazione di cui all’art. 2094 c.c., la etero-organizzazione prevista dall’art. 2 del D.Lgs. 81/2015 e la prestazione d’opera coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c.. In particolare, la Corte ha affermato che la disposizione di cui all’art. 2 del D.Lgs. 81/2015 individua un terzo genere di rapporto, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c. e la collaborazione ex art. 409 n. 3 cpc, consentendo di garantire una maggiore tutela alle nuove fattispecie di lavoro che si stanno sviluppando a seguito dell’introduzione delle recenti tecnologie.

Pertanto, la collaborazione etero-organizzata sussiste ogni volta che sia ravvisabile un’effettiva integrazione del lavoratore nell’organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione di lavoro, pur essendo funzionalmente collegata alla predetta organizzazione, si pone come un qualcosa che va oltre la semplice coordinazione di cui all’art. 409 n. 3 cpc, essendo le modalità dell’attività lavorativa stabilite dal committente.

In altre parole, mentre la subordinazione richiede l’esercizio del potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro, nel lavoro etero-organizzato il committente non si limita a coordinare l’attività del collaboratore ma impone le modalità organizzative con cui la prestazione si attua, come nel caso di Foodora che stabilisce turni, zone di partenza, indirizzi e tempi di consegna. Per le co.co.co, invece, tali aspetti sono stabiliti consensualmente dalle parti e non unilateralmente.

Pertanto, l’applicazione dell’art. 2 del D.Lgs 81/2015, pur non comportando la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in favore dei riders, comporta che il rapporto di questi ultimi (che resta tecnicamente “autonomo”) sia sottoposto, per ogni altro aspetto, alle tutele previste per i rapporti di lavoro subordinato (quindi, inquadramento professionale, retribuzione, sicurezza sul lavoro, limiti di orario, ferie, previdenza, ecc.).

Conseguentemente la Corte d’Appello ha riconosciuto in favore dei riders il diritto a ricevere il trattamento retributivo previsto per i lavoratori dipendenti, con riguardo esclusivamente ai giorni e alle ore di lavoro effettivamente prestate, che i Giudici di secondo grado, in assenza di un CCNL applicabile al rapporto di lavoro, hanno quantificato facendo ricorso al CCNL logistica e trasporto merci.

A questo punto non ci resta che attendere cosa deciderà, eventualmente, la Corte di Cassazione.