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Questa volta è la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 1731/18 (scaricabile cliccando sul link in calce), ad affermare che il contribuente ha diritto di ottenere la restituzione dei contributi previdenziali prescritti e dal medesimo pagati.

Pertanto, decorso il termine di prescrizione quinquennale, i contributi previdenziali non possono essere addebitati al soggetto obbligato, né tantomeno l’Ente previdenziale potrà accettarne il versamento tardivo

Il regime della prescrizione in materia previdenziale, infatti, è sottratto alla disponibilità delle parti, di talché il pagamento dei contributi prescritti non può neppure essere accettato dall’ente di previdenza pubblico.
Pertanto, come più volte ribadito dalla Cassazione, “… deve escludersi l’esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti” (Cass. n.1140\01, Cass. n. 4349\02).

Detto principio, che attualmente è fissato dall’art. 3, comma nono, della legge n. 335 del 1995, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria.

Ne consegue che, a differenza di quanto previsto dal diritto delle obbligazioni in generale – ove il pagamento del debito prescritto non comporta un diritto alla restituzione ex art. 2034 c.c. -, il pagamento dei contributi prescritti, non potendo neppure essere accettato dall’ente di previdenza pubblico (stante il divieto stabilito, peraltro operante indipendentemente dall’eccezione di prescrizione da parte dell’ente previdenziale e del debitore dei contributi, potendo essere rilevato d’ufficio, Cass. n. 23116\03), comporta che l’autore del pagamento può chiederne la restituzione (Cass. Civ., sez. lav., n. 3489/2015).

Tale principio si pone in continuità con quanto statuito dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 23397 del 17/11/2016, con la quale, con riferimento all’ art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, è stato affermato che “Tale ultima disposizione ha altresì reiterato, estendendone l’applicabilità a tutte le assicurazioni obbligatorie, il principio – di ordine pubblico e caratteristico di questo tipo di prescrizione – della “irrinunciabilità della prescrizione”, secondo cui “non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che rispetto ai contributi stessi sia intervenuta la prescrizione“.

Da ciò discende che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, essendo soggette a prescrizione, non possono essere versate dopo il decorso del relativo termine, con la conseguenza che, dopo lo spirare di tale termine, l’Ente di previdenza non solo non può procedere all’azione coattiva rivolta al recupero delle omissioni, ma è tenuto a restituire d’ufficio il pagamento del debito prescritto effettuato anche spontaneamente, in deroga alla disposizione contenuta nell’art. 2940 cod. civ..

In materia previdenziale, infatti, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto, ai sensi dell’art. 3, comma 9, della n. 335, alla disponibilità delle parti, sicché una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva – non già preclusiva – in quanto l’ente previdenziale creditore non può rinunziarvi.

In conclusione, i contribuenti non devono versare contributi previdenziali prescritti mentre l’Inps, laddove li abbia ricevuti, non può trattenere indebitamente tali somme, essendo obbligato a restituire il debito prescritto.

Avv. Sergio Patrone

Avv. Matteo Sances

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