Skip to main content

Con l’Ordinanza in commento (la n. 20336 pubblicata in data 16.7.2021) la Suprema Corte fornisce alcuni chiarimenti in materia di acquisto immobiliare effettuato da uno dei coniugi nell’ambito del  regime patrimoniale della comunione legale dei beni.

LE SEZIONI UNITE

Sul punto le le Sezioni Unite della Corte (sentenza n. 22755 del 28/10/2009) hanno precisato che  “Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179, secondo comma, c. c., si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, primo comma, lett. c), d) ed f), c.c., con la conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi

Ne consegue che l’esclusione del bene dalla comunione legale, ove esso ricada nelle ipotesi di cui alle lettere c), d) ed f) dell’art. 179, primo comma, c.c., si produce non già per effetto della dichiarazione resa dal coniuge non intestatario in atto di acquisto, ma in forza dell’effettiva natura personale del bene oggetto di acquisto.

Devono dunque ricorrere ambedue gli elementi indicati dalla norma, rappresentati, rispettivamente, dalla natura personale del bene (prevista dalla prima parte dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c.), senza la quale non basta il consenso all’acquisto esclusivo manifestato in atto dal coniuge non intestatario, e dalla manifestazione del predetto consenso (prevista invece dalla seconda parte del richiamato ultimo comma), in assenza del quale non è sufficiente il solo presupposto oggettivo, costituito dalla natura personale del cespite.

Su tali premesse logiche, gli Ermellini hanno ritenuto ammissibile l’azione di accertamento negativo con la quale il coniuge non intestatario dell’immobile faccia valere la natura non personale del cespite, ai fini di ottenere, per converso, l’accertamento della sua inclusione nel regime della comunione legale.

IL CASO CONCRETO

Nel caso di specie viene in rilievo un acquisto eseguito ai sensi dell’art. 179, primo comma, lettera b), c.c., in quanto il bene di cui è causa è stato acquistato da uno dei due coniugi, almeno in parte, con denaro proveniente da donazione dei suoi genitori.

L’ipotesi di cui alla lettera b) non è compresa tra quelle indicate dall’ultimo comma dell’art. 179 c.c.: in relazione ad essa, dunque, non è neppure previsto il necessario intervento del coniuge non intestatario all’atto di acquisto.

Sul punto, il Collegio ha ritenuto di dare continuità al principio secondo cui “In tema di comunione legale dei coniugi, la donazione indiretta rientra nell’esclusione di cui all’art. 179, primo comma, lett. b), c. c., senza che sia necessaria l’espressa dichiarazione da parte del coniuge acquirente prevista dall’art. 179, primo comma, lett. f), c.c., né la partecipazione del coniuge non acquirente all’atto di acquisto e la sua adesione alla dichiarazione dell’altro coniuge acquirente ai sensi dell’art. 179, secondo comma, c.c., trattandosi di disposizioni non richiamate” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14197 del 05/06/2013, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15778 del 14/12/2000).

La prevalente giurisprudenza, infatti, ha ritenuto che quando “un soggetto abbia erogato il danaro per l’acquisto di un immobile in capo al proprio figlio, si deve distinguere il caso della donazione diretta del danaro, in cui oggetto della liberalità rimane quest’ultimo, da quello in cui il danaro sia fornito quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale secondo caso, il collegamento tra l’elargizione del danaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione indiretta dell’immobile stesso, e non già del danaro impiegato per il suo acquisto“; distinzione, questa, affermata proprio in relazione ad un caso in cui, in costanza di matrimonio, uno dei coniugi aveva acquistato un immobile, in relazione al quale era stato documentalmente provato il diretto versamento di somme alla cooperativa, da parte del genitore di questo, all’atto dell’assegnazione dell’immobile stesso.

LA DECISIONE

In base a quanto precede e relativamente al caso di specie, per la Corte risulta del tutto irrilevante, ai fini della delibazione circa l’inclusione, o meno, del bene di cui è causa nel regime della comunione legale, la circostanza che il coniuge non intestatario sia intervenuto nell’atto di acquisto, o di assegnazione, e la dichiarazione di cd. “rifiuto al coacquisto” che il medesimo abbia in quel contesto formulato.

Assume, invece, rilievo esclusivamente l’accertamento della provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto: ove esso, infatti, abbia natura donativa, si configura l’ipotesi di cui all’art. 179, primo comma, lett. b), c.c., con conseguente automatica esclusione del cespite dal regime della comunione legale, sempre che ovviamente, il donatario non abbia scelto, autonomamente, di cointestare il bene anche al coniuge, ricorrendo -in tale seconda eventualità- una ipotesi di donazione, eseguita mediante rinuncia abdicativa, pro quota, al diritto di proprietà esclusiva del bene (sulla possibilità di ricomprendere anche la rinuncia al diritto nell’ambito del concetto esteso di donazione, ben potendosi lo scopo di liberalità realizzare anche attraverso un negozio diverso dal contratto di donazione, cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3819).

LA DONAZIONE INDIRETTA

La pronuncia in commento ha infine evidenziato che si ha donazione indiretta di un bene (nella specie, un immobile) anche quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo della relativa compravendita dovuto dal donatario, laddove sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, dovendo, in tal caso, individuarsi l’oggetto della liberalità, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato pari alla quota di prezzo corrisposta con la provvista fornita dal donante (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10759 del 17/04/2019).

Con tale ultima pronuncia la Corte ha rivisto, e superato, il suo precedente orientamento, secondo cui “La donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014).