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Una triste notizia di cronaca ha recentemente sconvolto la capitale: fuori da una nota discoteca, un uomo si è lanciato con il proprio autoveicolo a folle velocità contro l’ingresso del locale travolgendo due buttafuori, al fine di vendicare il diniego di ingresso nel locale medesimo a lui e ad un suo amico. Sono state ferite tre persone, di cui una in maniera grave.

Si pone la questione se i danneggiati dal fatto sopra descritto abbiano diritto ad essere risarciti della Compagnia Assicurativa del soggetto agente qualora il conducente utilizzi il veicolo come una vera e propria arma atta ad offendere.

La Corte di Cassazione, con la sentenza dello scorso 20 agosto 2018 n. 20786 emessa dalla III Sezione Civile, ha avuto modo di ribadire che il danno provocato con dolo dal conducente di un veicolo a motore deve essere risarcito dalla Compagnia Assicurativa del responsabile, cui viene riconosciuto il diritto alla rivalsa nei confronti di quest’ultimo.

Il fatto integrante gli estremi del reato doloso è, secondo la prospettazione offerta dalla Suprema Corte, sempre qualificabile in termini di evento di danno derivante dalla circolazione del veicolo. Deve perciò ritenersi che tanto le condotte colpose quanto quelle dolose sono da considerare ricomprese nella speciale tutela per le vittime dei sinistri stradali approntata dalla normativa in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica.

Gli Ermellini di Piazza Cavour giungono ad una siffatta soluzione giuridica ritenendo che il referente normativo dell’art. 122 Cod. Ass., che definisce l’ambito di operatività dell’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, è espressamente rappresentato dall’art. 2054 c.c. e non dagli artt. 1900 e 1917 c.c.

Gli artt. 1900 e 1917 sono ritenuti operanti solo nell’ambito del rapporto interno esistente tra assicuratore ed assicurato, e rappresentano una fonte di responsabilità di tipo contrattuale. L’art. 2054 per converso, rappresentando un’estensione dell’art. 2043, in quanto forma di responsabilità extracontrattuale non distingue tra dolo e colpa nella causazione del danno ingiusto, vincolando il danneggiante a risarcire il danneggiato, ivi incluso il pedone investito volontariamente.

La descritta impostazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità è pienamente rispettosa sia della ratio dell’Istituto dell’assicurazione obbligatoria, sia della normativa comunitaria che sottolinea la  natura pubblicistica della responsabilità civile da circolazione stradale.

Gli incidenti automobilistici, è fatto noto, generano costantemente allarme sociale ed il contratto di assicurazione correlato è un negozio giuridico ad alta rischiosità, preordinato sostanzialmente alla conservazione del patrimonio dell’assicurato/danneggiante e, specularmente, al completo ristoro del danneggiato.

In ragione di quanto sopra, così come il nostro ordinamento riconosce al terzo trasportato in un veicolo, qualunque sia il titolo in base al quale sia effettuato il trasporto, il diritto ad essere risarcito del pregiudizio patito da parte dell’Impresa Assicurativa del vettore coinvolto in un incidente stradale (anche a prescindere dalla sua effettiva responsabilità civile), parimenti riconosce il medesimo diritto a tutti i danneggiati quando un sinistro viene cagionato dolosamente,  attraverso l’utilizzo dell’automobile come strumento di offesa intenzionale.