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In materia di IRAP l’esercizio dell’attività di promotore finanziario è escluso dall’applicazione dell’imposta a condizione che l’attività svolta non presenti i caratteri dell’autonoma ed abituale organizzazione.

A conferma di quanto sostanzialmente già deciso in primo grado dalla 41° sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma con la sentenza n.18354/41/16, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in grado di appello, ha sancito che “… l’ammontare dei compensi è un dato irrilevante ai fini della verifica del presupposto d’imposta in ragione del carattere reale dell’Irap, espressamente predicato dall’art. 1 comma 2 del D.lgs. n. 446/97. Il presupposto dell’Irap, infatti, non è il reddito ma l’esercizio abituale di un lavoro autonomo con l’ausilio di una struttura organizzata, cioè un complesso, autonomo e distinto dalla figura lavorativa del contribuente, capace di creare come dice la Corte Costituzionale valore aggiunto rispetto alla mera attività personale del contribuente. Quel che rileva, ai fini del presupposto d’imposta, è solo l’autonoma organizzazione e non l’entità dei compensi…” (sentenza n. 6862/07/18 depositata il 4/10/18, liberamente visibile sul sito www.iurishub.it  nella sezione Media). 

Le suddette sentenze di merito, invero, si inseriscono nel filone giurisprudenziale ben consolidato dalle sentenze a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 12108, 12109, 12110, 12111 del 26/05/2009, in forza delle quali al giudice di merito è affidato il compito di valutare se il promotore finanziario, da un lato, sia il responsabile dell’organizzazione, dall’altro, se si avvalga stabilmente di lavoro altrui ed utilizzi beni strumentali tali per cui possa ritenersi egli svolga la propria attività in maniera organizzata.

In altre parole, il promotore finanziario che vuole ottenere il rimborso dell’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive), deve provare di non svolgere un’attività lavorativa abituale ed autonomamente organizzata.

In ossequio a tale principio, la Commissione Tributaria di Roma ha riconosciuto il diritto al rimborso laddove il professionista sia l’unico responsabile dell’organizzazione, impieghi per l’esercizio dell’attività il minimo indispensabile dei beni strumentali e si avvalga di lavoro altrui solo in maniera occasionale.

Bisogna sottolineare, inoltre, che l’ammontare di eventuali compensi percepiti dal promotore finanziario esulano da tale valutazione. Tali somme che costui riceve per l’esercizio della propria attività, invero, sono già tassate e sono imputabili unicamente alle proprie capacità di guadagno.

I giudici tributari, infatti, riconoscono che, quando non è riconducibile allo svolgimento di un’attività che presenta i caratteri dell’autonoma ed abituale organizzazione, allora “(…) la ricchezza prodotta dall’impiego coordinato delle proprie facoltà mentali, attitudini e spirito di iniziativa costituisce profitto esclusivamente derivante dalle capacità del professionista che come tale non può essere ritassato dopo aver scontato l’Irpef quale reddito di lavoro autonomo, in quanto costituirebbe una illegittima duplicazione (…)”.

Seppur consistenti, quindi, i compensi percepiti non sono di per sé stessi sufficienti per far rilevare un’adeguata organizzazione ai fini l’assoggettamento all’IRAP (Cass. civ., Sez. trib., 16.09.2010, n.19607).

Inoltre, sulla scorta di quanto sottolineato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156/2001, secondo cui l’IRAP tassa l’incremento di capacità produttiva rispetto alla semplice attività personale, derivante dalla combinazione di mezzi e di uomini, si può concludere che tale imposta, anche con riferimento alla figura del promotore finanziario, non colpisce il reddito derivante dal lavoro autonomo, ma esclusivamente l’organizzazione di cui il professionista si avvale per l’esercizio della propria attività.

I giudici tributari romani, nella sentenza in commento, chiariscono come presupposto dell’imposta non è la natura dell’attività, ma il modo – organizzato ed autonomo – in cui la stessa è svolta, poiché da tale modus discende un quid pluris di cui si avvantaggia il professionista.

Avv. Matteo Sances

Avv. Sergio Patrone

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